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PIAZZA NAVONA

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La rivolta degli universitari è in mano a .....

mercoledì 3 settembre 2008

STRANAMORE

Sempre chapeau per Gabriele Adinolfi, sempre un piacere leggerlo........


Gli Stati Uniti vogliono una guerra importante se non addirittura la guerra. Vogliono come sempre una guerra combattuta quasi interamente da altri che li aiuti a indebolirne la crescita (in particolare quella europea e quella russa), che permetta loro di non farsi scavalcare durante la difficile crisi che attraversano e che, tra riarmi, distruzioni e ricostruzioni, rilanci la macchina dell'economia. La Russia si muove molto beneLa Russia finora si sta muovendo bene; con i muscoli e con il cervello. La stessa piccola Europa chiusa a tenaglia tra servi e aspiranti protagonisti se la sta cavando niente male. A ogni provocazione americana i russi rispondono con toni allo stesso tempo fermi e distensivi. Fanno affidamento sia sugli interessi altrui, in particolare quelli europei, che sulle paure dei guerrafondai. Così da un lato fanno capire a chi li vuole aggredire come stanno le cose: sono partiti con la minaccia di chiusura delle rotte per l'Afghanistan e con quella di espulsione delle basi Nato dall'Asia Centrale, hanno proseguito con l'ipotesi di armare di SS21 la Siria se gli Usa armeranno Polonia e Repubblica Ceca. L'altro ieri l'agenzia Reuter riportava che il generale Nikolaj Patruschev, segretario del consiglio per la sicurezza russa, e Igor Sechin, vice-primo ministro, si sono incontrati con il presidente di Cuba Raul Castro, per ripristinare la tradizionale alleanza tra i due Paesi con una cooperazione a tutto campo, che prevede tra l'altro l'installazione sul territorio cubano di batterie di missili balistici. Subito dopo Putin ha comunicato alla stampa che la Russia estenderà queste relazioni ad altri Paesi ostili agli Stati Uniti. Bastone e carota: di ieri la notizia (non sorprendente per i lettori di Orientamenti & Ricerca) di una proposta di stretta cooperazione russo/tedesca. Insomma Mosca non scherza e ribatte colpo su colpo sicché gli Usa, costantemente neutralizzati, non sono riusciti ad ottenere l'unanimità non solo presso la UE ma neppure in sede Nato.Gli Usa inseguono una guerra anche alla ciecaAl momento si dovrebbe parlare di secca sconfitta del loro piano di guerra. Ma sarà davvero così? Il Pentagono e Wall Street si arrenderanno e ci eviteranno guerre diffuse se non rischi di un conflitto mondiale? Difficile darlo per scontato perché quando c'è volontà di destabilizzazione e si hanno a disposizione le risorse finanziarie e militari, nonché forti elementi di ricatto su economie e classi politiche, se non è da una parte sarà dall'altra ma alla fin fine si riesce ad appiccare il fuoco. Per esempio l'altro giorno alcune agenzie stampa presentavano il seguente comunicato: “Gli Stati Uniti attaccheranno i siti nucleari iraniani nelle prossime settimane. Lo hanno appreso i servizi di intelligence olandesi (AIVD), che sono stati costretti a interrompere una loro operazione per sabotare il programma nucleare iraniano proprio in vista dell'imminente attacco. La notizia è stata diffusa dal quotidiano olandese De Telegraaf, e ripresa dai media israeliani. Secondo il giornale olandese, che cita fonti ben informate, l'operazione dell'AIVD si stava svolgendo con "successo", ma è stata bruscamente interrotta perchè gli obiettivi dell'attacco americano sono connessi all'azione di spionaggio olandese". L'Iran o la Georgia, o la Polonia o la Siria o CubaL'Iran, a leggere queste note senza alcuna dietrologia, si aggiungerebbe così alla lista dei pretesti di guerra generalizzata che già include Georgia, Polonia, Siria e Cuba. Una mossa così disperata, chiediamoci, quanto però è credibile? Tra la colonna dei pro e dei contro per gli Usa la lancetta tenderebbe al passivo. Il pericolo nucleare iraniano serve loro per gustificare lo scudo stellare e sarebbe difficile convincere gli europei a dotarsene se le centrali iraniane saranno state spazzate via prima da un raid americano. Inoltre vanno considerate le conseguenze di posizionamento; l'Iran oggi è in buoni rapporti soprattutto con la Cina, che non a caso non sostiene la Russia in Georgia e sta prendendo anche pian piano le distanze dalla coperazione eurasiatica. La Russia poi ha buoni rapporti con un rivale storico importante dell'Iran, l'Arabia Saudita. Un bombardamento rischierebbe di rinsaldare certi rapporti che vanno sfibrandosi, rafforzando proprio i russi, oltre a togliere agli americani un ottimo pretesto per imbrigliare l'Europa. Inoltre renderebbe molto più difficile il progetto caro a Wasp e Tel Aviv di attivazione della pipeline dall'India a Israele attraverso i territori iraniano e turco. Per non parlare delle conseguenze che ne verrebbero nello scacchiere afghano.Convergenze e conflittualitàL'interesse americano sarebbe davvero salvaguardato con quest'azione? Ne dubito. Semmai potrebbe essere accolta bene da ambienti israeliani. E anche qui è da vedere. Non è un mistero che da una trentina di anni in qua, odi, minacce ed insulti a parte, tra i due rivali c'è un interesse comune o quantomeno complementare, ai danni del mondo arabo e delle cause laiche. Tant'è che commerci leciti e illeciti sono fioriti tra i due Paesi e tuttora proseguono; e questo senza contare le alleanze operative nello smembramento dell'Iraq. Non che i due soggetti si amino, essenzialmente si detestano così come avvenne per decenni tra americani e sovietici che però continuarono ad essere complici e a fare affari in comune ai danni di tutti. E' solo quando la comunanza d'interessi diviene inferiore alle cause di rivalità che i sodalizi fattuali si spezzano e che si passa all'antagonismo. Accadde tra Usa e Urss dopo circa settant'anni di cooperazione, accadrà prima o poi tra Tel Aviv e Teheran. Tuttavia non siamo ancora giunti a questo punto benché l'ipotesi di un altro stato nuclearizzato nell'area non possa essere accettato dallo stato ebraico. Perché non si sa mai come evolveranno le cose; magari proprio un governo più “moderato” potrebbe maturare in futuro in Iran un'ostilità tangibile per gli altri estremisti del Libro. Ma tempi e modi d'intervento per contrastarlo sono infiniti e potremmo enumerare diversi generi di sabotaggio, cosa che ovviamente non faremo anche se non è pensabile che il più bellicoso Stato del mondo abbia bisogno di rubarci dei suggerimenti. Fatto sta che, vista la questione cardine di oggi che è quella dei gasdotti e degli oleodotti dall'Asia centrale, non sarebbe cosa troppo sensata spostare gli iraniani nel campo sostanzialmente e non solo verbalmente avverso: potrebbe rivelarsi una mossa suicida. A rigor di logica concluderemmo, quindi, che non ci saranno attacchi in quella direzione; dunque propendo ancora una volta per il no. Del resto questo genere di allarmi non è nuovo; sono anni che escono notizie in tal senso e che riguardano attacchi all'Iran, alla Siria o all'Egitto e in genere non li ho presi sul serio. Ora tutto è possibileChi mi abbia seguito sa bene che non vi ho mai dato peso e che ne ho sempre sorriso; eppure oggi rinuncio alla tentazione di cestinare l'ennesimo allarme e lo prendo in considerazione perché per la prima volta sono, sia pur moderatamente, possibilista in quanto la disperazione bellicista potrebbe scaturire persino in un simile escamotage irrazionale pur di trovare un qualsiasi luogo di sfondamento. L'ordine di priorità ovviamente è ben altro, ma se di notte tutti i gatti sono bigi, allora oggi l'Iran vale la Georgia, la Polonia, la Siria, Cuba e chissà quale altro pretesto. Perché l'impressione – tutto sommato assai piacevole - che si ricava da tutta la gestione americana della crisi è proprio quella di mosse dettate dalla disperazione. La guerra preventiva che da dieci anni gli Usa hanno mosso all'Europa, alla Russia e al mondo arabo ha finito con l'indebolire proprio l'influenza americana. Putin e l'Euro, ovvero i frutti diretti o indiretti di Kohl e di Mitterrand, hanno messo il gigante in un angolino e questi ora cerca di colpire all'impazzata. In sessantatre anni, a parte la retorica e la propaganda, è solo la seconda volta che siamo a rischio di guerra mondiale. La prima risale al 1962 e si riferisce ad una situazione molto simile a questa; la tensione rischiò di esplodere quando, rispondendo alle installazioni balistiche americane in Turchia, la Russia sovietica armò di missili Cuba. Sta accadendo la medesima cosa, solo che al posto di Ankara c'è Varsavia e che la Russia non è più comunista e, soprattutto, (ma forse si potrebbe dire: proprio per questo) non dipende più dalle banche americane. Il che rende gli Usa più furiosi e, altra differenza rispetto ad allora, oggi ad essi la guerra fa comodo e quindi possono scatenarla. Non è ancora l'esito più probabile della loro libido incendiaria ma è ben possibile; possono farla divampare ovunque, con qualunque pretesto. Il guaio, ricordiamocelo sempre, è che noi, non ancora mondati dalla nostra vergogna settembrina di sessantacinque anni fa, ci troviamo ad essere legati per trattato di vassallaggio ai guerrafondai e quindi, a rigor di logica, se e quando la scatenessaro dovremmo andare a combattere per loro e ai loro ordini una guerra che essi muovono proprio contro di noi, per impedirci di rimetterci in piedi. Siamo prigionieri di questo ignobile paradosso dal quale alcuni hanno tentato di gettare le premesse per tirarci fuori: Anfuso, Gronchi, Mattei, Craxi. Ma ci siamo ancora dentro, col cappio al collo e il fango che c'insozza dal basso. Dio stramaledica i Savoia e tutti i loro compagni di merenda e di prostituzione! Gabriele Adinolfi

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